Per la serie


Dal divano di dj Lueeza.

(location: qualcosa di F.L.Wright, se non sbaglio.)

A me le serie ospedaliere piacciono quasi tutte, tranne quelle italiane. Così come mi piacciono tantissimo quasi tutte le serie fra il poliziesco classico (Law & Order resta tra i miei preferiti di sempre) e CSI: mi piacciono Numbers, Bones, adoro Cold Case e Senza Traccia. Disprezzo invece NCIS (propaganda repubblicana guerrafondaia della peggior specie) e l'italianissima RIS.

Il mio busillis è proprio questo: come mai le serie americane sono tutte o quasi ben fatte, con storie complesse, interpreti capaci di una larga gamma di espressioni, facce interessanti e endings non sempre happy - mentre le serie televisive italiane sono sempre e soltanto fiction di bassa lega? Mi sono affezionata a Distretto di Polizia per la comicità involontaria di Ricky Memphis, poi quando il suo personaggio è morto ho continuato a vederlo per abitudine, ma lo show è irrimediabilmente scaduto, o meglio si è rivelato al 100% come un'accozzaglia di storie banali dove i buoni vincevano sempre e comunque.

I personaggi delle serie americane sono strani, particolari, ma non rompono le palle con le loro tragedie personali: Mac Taylor di CSI NY (che poi è interpretatoda Gary Sinise, mica l'ultimo arrivato) ha perso la moglie l'11 settembre, ma la cosa è stata solo fatta intuire al pubblico; in CSI Miami Horatio Caine (altra star, David Caruso) ha un fratello incasinatissimo che prima sembra morto poi riappare poi si scopre che ha una figlia illegittima e Horatio è lì che mette toppe a tutte 'ste cose, ma non te lo fanno pesare come un macigno - nel modo in cui ad esempio ci sorbivamo tutte le litigate fra Claudia Pandolfi e sua sorella in Distretto di Polizia. Di altri personaggi ti concedono solo frammenti di scenario familiare, ma la cosa è furbetta e quanto mai intrigante: Lily Rush di Cold Case vive con due gatti strappati alla vivisezione, ed ecco che io mi chiedo perché, mi appassiono a questo tratto che rende la detective così vicina da sentirla quasi amica. Di altri ancora, conosciamo tutte le sfaccettature più dolorose, che sono pero riportate con dignità quasi documentaristica. E.R. in questo caso ha avuto momenti magistrali: dal tentativo di suicidio dell'infermiera Carol fin nella prima puntata, alla lotta di Mark Greene col tumore al cervello, alla devastazione che la sua scomparsa ha lasciato su famiglia e amici. E.R. ci ha fatto vedere l'agonia di un genitore, la perdita di un figlio, la guerra e il sacrificio, la lotta con le assuefazioni più subdole, il conflitto generazionale, la ricerca di un'identità americana nelle famiglie appena immigrate, madri che crescono figli da sole, coppie omosessuali e tentativi di adozione, disabilità assortite. Tutto, almeno apparentemente, senza filtro. E senza mai essere banale. Non si contano le sere in cui mi sono messa a piangere mentre lo guardavo (quando succede, mi prendo in giro da sola, mi giro verso Adriano e gli dico "Oh che serata divertente!" mentre singhiozzo), invece con le fiction italiane l'unica sensazione che provo, dopo circa dieci minuti, è di completa insofferenza.

Possibile che sia solo una questione di budget? Non credo, secondo me è proprio una questione di emancipazione culturale assente da parte di chi scrive e di chi produce. Sono tutti complici nel propinarci prodotti che hanno il sapore di un formaggino, l'odore di un bagnoschiuma a buon mercato: insignificante. Persino gli intepreti fanno parte di questa macchinazione: se fossi Giorgio Tirabassi chiederei di più ai miei autori, vorrei qualcosa di emozionante, se non altro per orgoglio professionale. Invece no, tutti lì a guadagnarsi la pagnotta senza fatica, senza sudore, aspirando al buona la prima perché così si va tutti a casa presto, e chissenefrega se la scena sa di segatura, se la location è rimediata, se la faccia dell'interprete è vuota. Comportiamoci come se fosse tutto un lungo spot della Tim, del Vaporetto Ariete, del burro Prealpi. Mettiamoci una musica che costa due lire e che l'ha fatta mio cugggino, monta al volo e via, è pronto. Vai colla prima serata, per cerebrolesi.

Pubblicato: Ven - Gennaio 26, 2007 ;    


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