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Articoli in questa categoria: Ultimo aggiornamento: feb 06, 2007 06:51 p. |
Lezioni a 33 giriAll'Auditorium di Roma lezioni di
rock.
E' gia' il secondo ciclo di lezioni sul rock tenute da Ernesto Assante e Gino Castaldo nelle sale dell'Auditorium di Roma. Quello partito quest'autunno si sviluppa su 33 appuntamenti dedicati all'analisi di album storici. Ottima iniziativa che vede il tutto esaurito ogni domenica mattina. Quella scorsa era per Born In the USA di Bruce Springsteen. Springstiniani e figli a battere il tempo, le mani e ad asciugarsi qualche lacrimuccia. Non ci sembra di aver visto sul programma Horses di Patti Smith. Ce lo racconta per noi allora dj Lueeza. Tutto e il contrario di tutto:
Horses.
Uno schiaffo in bianco e nero. Un colpo secco, inaspettato, che ti lascia un’impronta radioattiva sulla faccia. Giri appena lo sguardo per vedere chi te lo ha assestato – così sonoro, così improvviso da riempirti di tutti i timori possibili: da quello più innocente della bambina scoperta a scambiare la merenda con l’amica del cuore, a quello associato con la pagella brutta, con la vergogna dell’inadeguatezza di fronte a una domanda difficile, per finire col timore tutto nuovo di adolescente, alle prese con quello strano calore che si sviluppa fra le gambe ogni qual volta passa Massimo della Quinta C. Giri appena lo sguardo con la sensazione di avere fatto qualcosa di male, di brutto, di stupido, qualcosa per cui sentirsi in colpa, sporca, goffa, inadatta a qualsiasi ruolo la vita abbia deciso di assegnarti. E’ il leitmotiv del periodo, dell’età: tutti ti dicono che passerà, come quei brufoli di merda che ti porti appresso tre settimane al mese; dicono che sia normale non capire bene chi sei, doversi scoprire, affermare, amare di giorno in giorno, ma tu proprio non ce la fai. Dovresti essere lì a costruirti non dico una vita ma almeno un carattere, e invece sei blanda come e più dello stupido colore dei tuoi capelli, che non è castano, non è biondo, non è chiaro ma neanche scuro. Persino gli occhi ti cambiano colore a seconda della luce, le tette ti crescono ma poco, e a chiamarti è sempre e solo quella compagna di banco più sfigata di te. Hai 13 anni, e ti svegli ogni mattina pensando che forse una sorpresa, almeno una, ce l’avrai, che forse quello sarà il giorno giusto per guardarsi allo specchio e vedere – o almeno intravedere – una forma. Basterebbe un’idea, anche piccola, un barlume, un cerino che si accende ad illuminare questa tua esistenza amorfa, a dirti che non sei più bozzolo, che hai capito, hai sentito, hai provato, assaggiato una briciola di te stessa. Hai 13 anni, due genitori apprensivi, una vita insignificante che solo la piscina e il pianoforte riescono a riempire un po’, sei la più piccola della tua classe e si vede. Hai vestiti della Upim, un visetto tondo, la cameretta dove timidamente hai attaccato qualche foto di Robert Redford e un poster dei Pink Floyd. La prima volta che hai preso il tram da sola ti hanno toccato il culo. Hai 13 anni - ed hai prima di tutto paura. E’ lì che ti arriva lo schiaffo. Ti piomba sul viso e all’inizio non capisci – non sai che quel giorno, quell’ora, hai imboccato la via per Damasco. Sai solo che giri i tuoi occhi allarmati e incontri una foto. E’ in bianco e nero ma non importa, perché da quella foto ti arriva una luce accecante. Metti a fuoco lo sguardo ed incontri il suo, ed è tutto ciò che tu non sei, tutto ciò che adesso sai che vuoi, che puoi, che devi essere. Bruci, bruci, bruci, bruci tu e brucia tutto intorno, è tutta una fiamma che devasta la vita come la conosci, che si porta via le incertezze maldestre, timidezze, calzettoni, persino tua madre che ti dice come è andata oggi a scuola, tuo padre che ti guarda male se ritardi di mezz’ora e vagli a spiegare che il tram proprio non passava. Bruci tu, brucia il mondo, brucia l’anima. E’ bastato il nero di quegli occhi a fare piazza pulita, gli spigoli del volto, quella posa sfrontata da crooner d’altri tempi: al centro di tutto c’è una donna, con la pelle giovane e tirata, labbra sottili, polsi ossuti e mani grandi, mani sofferte, forti, che ti portano via per sempre. E’ una copertina, un bianco-grigiosporco con rasoiate nere alla Fontana. E’ la chiave che ti porterà – giovane Alice impacciata – ad aprire la porta per un giardino segreto e sconvolgente. Quel disco lo compri, ovviamente, e ovvviamente lo ascolti subito. Entri vergine ed esci diversa: puttana, amazzone, sacerdotessa arrogante e orgogliosa. La chitarra ti spoglia, ti tocca, ti si insinua proprio lì fra le tue gambe troppo magre e insesperte. Basso e batteria come spari sulla tua piccola esistenza da pianista senza talento, colpi su colpi di martello, di mazza ferrata, di spranga, di qualsiasi cosa che non faccia prigionieri. Tastiere sconquassate, suonate col tocco di uno che le sue scale le ha fatte ma poi ha saputo dire no chi gli metteva sul leggio Il Clavicembalo Ben Temperato. Tieni la copertina stretta fra le mani e guardi quelle labbra – che ora si muovono, miagolano, ringhiano, raccontano dolori ancora non provati, peccati tutti da commettere, preghiere da indirizzare a nuovi dei. Quella voce ti racconta la vita che vuoi, infame e tragica, romantica, derelitta, in cui collezionare traguardi laterali, dischi improbabili, droghe da quattro soldi, meteore. Quella voce ti spiega che gli uomini ti vorranno perché porti con te linfa vitale, la gente ti ascolterà perché sei matta, le strade ti si apriranno davanti perché imparerai a correre davvero. Quella voce ti annuncia che sei già apprendista strega, e un giorno sarai santa, martire, crocifissa. Quella voce ti stampa nel cervello che Gesù è morto ma non per i tuoi peccati: quelli te li sconterai da sola, al cento per cento, mentre il cuore ti batte così forte da scoppiare, in qualche angolo buio su chissà quale continente. Quella voce è insieme avvertimento e profezia, visione ed anatema: hai 13 anni e sei marchiata per sempre da preziosissime stimmate, rubini rock che vanno a incastonare la tua personale, esclusiva, imprescindibile, inevitabile corona di spine. Pian piano, nel tempo, capirai meglio le parole, leggerai libri, scoprirai chi sono Mapplethorpe, Rimbaud, Verlaine (Paul e Tom), Charlie Parker, William Burroughs. Ti divertirà l’idea del denaro gratis, ti appassionerai alla sorte di Johnny, ti commuoverai per quel povero bimbo nella sua fattoria del New England che sogna il padre non più umano. Pian piano, negli anni, sentirai parlare di Jackson Pollock e Giovanni Paolo I, sciamani e dervisci, BOC e MC5, mariti che prima proteggono e poi muoiono. Imparerai anche tu ad usare la tua voce sgraziata come un’arma, a saltare su palchi traballanti, ad usare il tuo aspetto come un manifesto. Ad ogni ascolto scoprirai rivelazioni e prospettive, che ti pervaderanno di fame e sete come se fossi un povero eremita nel deserto. A 16 anni ti metterai in viaggio da sola, perché così dev’essere, e da sola in uno stadio impazzito affronterai chi ti ha dato lo schiaffo, chi ti ha reso farfalla. A 41 anni prenderai il tè con lei in un backstage di Olbia – perché il registratore è stato spento e finalmente, per una volta, è stata lei a non volerti lasciar andare. Restituirai lo sguardo sorridendo, ringraziando per quello schiaffo in bianco e nero di tanto tempo fa, che ti ostini a non voler dimenticare. Sure, I’d love some more tea. Pubblicato: Lun - Febbraio 5, 2007 ; |